Il carbonaio, "u carvunaru", per la sua attività era costretto a vivere nei boschi in ripari, i cosiddetti "pagghiari" costruiti con materiali vegetali. Tutto ciò si rendeva necessario poichè il processo di lavorazione del carbone richiedeva una continua sorveglianza da parte dell'uomo sia durante il giorno che durante la notte in quanto l'accidentale ingresso dell'aria avrebbe potuto accelerare la combustione trasformando il prodotto in cenere.
Poichè con il procedere della combustione il cumulo diminuiva di volume per l'assestamento occorreva, dopo esservi salito sopra con una scala, battere violentemente il cumulo stesso con un attrezzo.
"S
i inizia preparando la legna in circolo per un diametro di otto - dieci
metri. Su tale circolo si costruisce la "fossa " cioe' il cumulo di legna
da bruciare. A partire dal centro della fossa si costruisce un vero e
proprio camino la cui altezza arriva anche fino a quattro metri.
Finita di costruire, la fossa viene ricoperta con felci e terra alla scopo
di permettere la combustione in assenza di ossigeno.
Ultimata tale operazione viene acceso il fuoco versando braci attraverso il
camino. E' importante non far spegnere il fuoco ed occorre quindi una continua
sorveglianza. La combustione dura fino a venticinque giorni.
Allo scopo di favorire la combustione vengono praticati alcuni fori.
Alla fine della combustione la fossa viene raffreddata con getti di acqua prima di
raccogliere il carbone. Dalla operazione di pulizia della fossa e raccolta
del prodotto trae origine il termine dialettale - scarvunare -.
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