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L'ILLUSIONE
Radio Cronache Rimate - Alberto Cavaliere (1897-1967)



Sul marciapiede d'una via remota,
in un mattino grigio e sonnolento,
stavano in gruppo un mozzicone spento
di sigaretta, un gambo di carota,

un chiodo usato ed altri oggetti vili,
quando un fuscello, spinto dalla brezza,
vi cadde sopra. « Eh, che delicatezza!
Potresti aver dei modi più civili:

non sai chi sono! », il mozzicone esclama.
Ed il fuscello: « Guarda un po', si picca
d'essere chi sa chi, mentre è una cicca! »
« Io sono una gran dama, una gran dama »,

protesta allor la cieca inviperita,
« anzi, lo fui, perché, stolto fuscello,
perdei tre quarti del mio corpo snello
su quel rogo che chiamano: la vita.

Ero una sigaretta d'Oriente
e ben nove sorelle ebbi: con loro
trovai rifugio in una stanza d'oro,
ove poltrivo deliziosamente.

Si spalancò la porta all'improvviso,
un giorno, ed una mano (era una mano
tepida, d'un candore sovrumano)
mi trasse fuori, m'accostò ad un viso

e lì per li... » « T'appiccò il fuoco, pare »,
l'interruppe un fiammifero , di legno,
carbonizzato per metà. Con sdegno
la nobilcicca replicò: « Volgare!

M'appiccò il fuoco! Pose una corona
di fiamma sul mio capo, intendi dire...
S'alzò l'incenso in dilettose spire,
mentre, affondata nella sua poltrona,

mi stringeva una donna fra le dita
fini e nervose, sature d'unguenti,
e mi portava alle sue labbra ardenti,
rosse ed ardenti come una ferita.

Felice, assaporando il mio profumo,
seguiva le mutevoli chimere
che disegnavan, labili e leggère,
le volute azzurrognole del fumo.

E parlava, parlava... Io non capivo
quel che diceva: sono un'egiziana;
ma sentivo una musica lontana
in quella voce, simile ad un rivo

che gorgogliasse sotto la nascente
luna: ascoltavo in estasi, rapita,
senza accorgermi ancor che la mia vita
si consumava inesorabilmente.

Diceva forse, appassionata e stanca:
- Io non ho mai fumato sigaretta
più delicata... - Poi l'ultima stretta,
e mi depose su una coppa bianca.